Tradizioni culinarie !!!!! sic
Tradizioni culinarie !!!!! sic
Non so bene perché, ( e francamente adesso mi pento di averlo fatto), ma mi è venuto in mente di andare a vedere le varie tradizioni religiose, per quel che concerne l’uccisione degli animali a fini “alimentari”. Premetto che da uomo libero di agire ma soprattutto di pensare, credo che niente sia più coercitivo e assurdo delle tradizioni violente, (siano esse ti tipo religioso o culturale), che si tramandano di padre in figlio e che attualmente non hanno nulla di logico, o di applicabile al momento storico in qui erano nate. Mi riferisco per esempio alla caccia, tradizione che ora, non ha alcuna giustificazione logica se non quella di uccidere altri esseri viventi per il solo gusto di farlo. Penso a tutte le tradizioni religiose che impediscono ad un essere umano di essere libero di vestire come gli pare, che lo obbligano a tenere la barba lunga o a coprire il viso. Inorridisco al pensiero di interi popoli soggiogati da principi religiosi e oppressi dal potere governativo costituito da preti.
Penso a libri come la bibbia e il corano che sono acriticamente rispettati e seguiti.
Penso alla violenza intrinseca di parti di quei libri, alla loro lontananza dai tempi moderni e mi chiedo come non sia possibile adattarli alla cultura e alle conoscenze di adesso. Niente è più deleterio della tradizione quando essa non è ragionata, ma solo accettata acriticamente.
Tornando al motivo di questo intervento, ho spulciato le varie metodiche di uccisione degli animali per scopi “alimentari” da parte di musulmani, ebrei, cattolici e buddisti etc. Leggete cosa ho scoperto.
La Religione Musulmana: (tratto dalla conferenza del Prof. Gabriele Mandel) :
Nell'Islam, gli alimenti si suddividono in:halâl: (permessi, leciti);harâm: (proibiti, illeciti);mushbûb: (dubbi, sospetti; il loro consumo è quindi affidato alla coscienza del musulmano);makrûh: (abominevoli).
Comunque, riguardo alle carni commestibili, per l'Islam in generale:Vi sono animali il cui consumo è lecito (halâl).Vi sono animali il cui consumo è dubbio, sospetto, preferibilmente da evitare (mushbûh ).Vi sono animali il cui consumo è proibito, illecito (harâm - termine che significa anche: sacro, inviolabile).Vi sono animali il cui consumo è abominevole (makrûh).La carne di pesce è lecita. La selvaggina è lecita solo se il cacciatore è musulmano e se sparando pronuncia la formula tasmiya (Bismillâhi, Âllâhu âkbar: Nel Nome di Dio, Dio è il più grande), o se, catturata la preda viva, la dissangua ritualmente. Dietro il versamento di un'elemosina a un povero sono leciti anche l'onagro e la iena.L'animale trovato morto (mayta, la carogna) è proibito, tranne nei soliti casi di necessità assoluta (Corano: V, 3)
La carne degli animali leciti è commestibile solo a condizione che essi siano stati macellati secondo il rituale, ossia secondo le prescrizioni sciaraitiche (termine derivato dal vocabolo arabo Sharî`a: la Legge religiosa islamica). Pertanto la carne degli animali da macello (bovini, ovini, caprini) e degli animali da cortile (conigli, pollame) è lecita solo se sono stati macellati secondo le regole islamiche, ossia:a) il macellatore deve essere musulmanob) l'animale deve essere adagiato sul suo fianco sinistro, con la testa volta alla Ka'bac) il taglio della gola deve essere eseguito: 1) con una lama affilatissima, senza assolutamente intaccare la spina dorsale, 2) recidendo con un unico, veloce colpo le vene carotidi, le arterie giugulari, la trachea e l'esofago; 3) il taglio va fatto alla base del collo se il collo è lungo (cammello, giraffa, struzzo, oca), o nella parte più alta del collo se è corto (bovini, ovini, caprini); 4) va fatto con la mano destra, mentre la sinistra tiene ferma la testa dell'animale.d) il taglio NON va preceduto da stordimento dell'animalee) l'animale deve essere trattato con rispetto; e posto in un luogo in cui non vi siano tracce di sangue o di bestie macellate, onde evitare che l'odore del sangue terrorizzi l'animale. Esso va accarezzato, tranquillizzato.f) le gambe dell'animale vanno legate, tranne la destra posteriore, affinché l'animale possa muoverla e scalciare, sentendosi così più tranquillo.g) ma, soprattutto: il taglio va preceduto dalla formula già citata prima: Bismillâhi, Âllâhu âkbar.
Se uno di questi precetti non è osservato, la carne dell'animale non è lecita.
Questa macellazione rituale ha lo scopo di far uscire il sangue dall'animale. Infatti il sangue è carico di tossine negative per l'essere umano, e se l'animale si spaventa per la morte imminente scarica nel sangue adrenalina, pur essa tossica. Il taglio della gola fa sì che, con la mancanza di ossigeno al cervello, la morte dell'animale sia immediata, mentre i riflessi condizionati continuano a far sì che il sangue venga espulso dal corpo.
Le prescrizioni alimentari furono rivelate al Profeta Muhammad a Medina, dopo la sua partenza dalla Mecca, nel 622 e a parte qualche eccezione, ripropongono gli usi e i costumi antichi degli arabi. La normativa alimentare rappresenta per i musulmani un modello di comportamento universalmente accettato ed un importante fattore di identificazione con la comunità. Nel pensiero islamico il cibo è una grazia divina ; il Corano ne salta i valori benefici e invita l’uomo a mangiare le cose buone e di conseguenza lecite (halal) che Dio ha creato per lui e ad astenersi da quelle interdette (haram), in quanto impure. In generale tutti i cibi sono permessi, tranne la carne di maiale, il sangue versato e gli animali non macellati secondo il metodo rituale: «Io non trovo in quel che mi è stato rivelato nessuna cosa proibita a un gustante che voglia gustarla, eccetto bestia morte, sangue versato o carne di porco, chè questo è sozzura, o animali macellati su cui sia stato invocato altro nome che quello di Dio» . Nel Corano si enfatizza il fatto che Dio non intende imporre ai suoi fedeli oneri che essi non possano sopportare, contrariamente a quanto è, invece, stabilito per gli ebrei, per i quali le proibizioni alimentari sono sentite come una punizione divina per i peccati commessi. Lo stesso digiuno che i musulmani devono praticare nel mese lunare del Ramadan e che costituisce il quarto pilastro dell’Islam, non rappresenta una penitenza, ma una purificazione votata al risveglio della spiritualità. L’Islam non è un sistema religioso improntato all’abnegazione o al sacrificio per l’espiazione dei peccati, per cui anche dal punto di vista dell’alimentazione non è molto appropriato parlare di "divieti", quanto piuttosto di prescrizioni aventi una certa razionalità, per quanto "divina". Partendo dal tabù del maiale e da tutti i suoi derivati (non bisogna infatti dimenticare lo strutto, ingrediente base di molti cibi occidentali ed italiani), questo ha una motivazione di tipo igienico: l’animale in questione, infatti, ha abitudini immonde, quali la coprofagia o il cibarsi di rifiuti in genere. Le sue carni potrebbero di conseguenza divenire veicolo di malattie per l’uomo. Vi sono anche altre spiegazioni relativamente a questa prescrizione coranica, quali la natura demoniaca dell’animale o,al contrario, il valore sacro che il maiale aveva presso alcuni antichi popoli dell’Asia Minore o dell’Africa , ma la prima è sicuramente la più accreditata, anche perché consente di non escludere tutta una serie di considerazioni di carattere antropologico. E’ stato, infatti, messo in rilievo come, fin dalla preistoria, l’allevamento del maiale sia legato alla sedentarizzazione, in quanto non producendo lana né latte, mal si adattava alle esigenze delle popolazioni nomadi delle regioni aride e semi-aride dell’Asia. Nel clima torrido di queste regioni, tra l’altro, il maiale difficilmente sarebbe potuto sopravvivere alla mancanza d’acqua a causa della disidratazione troppo rapida della pelle, per cui sorgono dubbi persino sul fatto che il maiale potesse far parte degli animali allevati dagli arabi delle comunità pre-islamiche. A questo proposito è interessante la posizione del direttore del Centro di cultura islamica di Bologna . Secondo la sua opinione di musulmano, il divieto coranico relativo alla carne di maiale ha una sua ragion d’essere soprattutto ai giorni nostri. Infatti perché proibire le carni di un animale che all’epoca del profeta Muhammad non si era soliti, tra gli arabi, allevare e mangiare? Dio avrebbe insomma ispirato nel profeta una simile prescrizione in previsione della diffusione dell’Islam e del suo incontro con altre civiltà caratterizzate da usanze diverse: una sorta di regola data ai musulmani per gestire la convivenza in situazioni e contesti differenti da quelli originari. Inoltre, il direttore ha tenuto a precisare che il musulmano non deve interrogarsi troppo sul perché, ma deve limitarsi a fare come prescritto, nella consapevolezza che Dio ha previsto tutto per il bene dei suoi fedeli: il fatto che la carne di maiale possa recare nocumento all’organismo dell’uomo lo confermerebbe. Per rendere meglio comprensibile la sua posizione, il direttore ha anche riportato un aneddoto: durante un periodo di degenza in ospedale, essendo musulmano, aveva espressamente richiesto l’esclusione del maiale dai suoi pasti, ma accanto a lui c’era anche un altro paziente al quale il maiale era stato proibito, ma non da Dio (non si trattava di un musulmano), né per motivi religiosi, bensì dal medico e per motivi di salute! Per quanto riguarda gli altri animali, questi, sulla scorta delle prescrizioni coraniche e della tradizione profetica, sono stati divisi dalle scuole giuridiche islamiche in tre categorie: animali leciti (halal), proibiti (haram) e riprovevoli (makruh). Si tratta, tuttavia, di una classificazione che risente delle divergenze esistenti tra queste scuole tradizionali dell’Islam , divergenze che, è opportuno precisarlo, nascono non in relazione ai principi fondamentali del diritto islamico, ma dall’applicazione di questi ultimi a situazioni concrete, a esigenze della vita quotidiana, come nel caso dell’alimentazione. In linea generale, sono leciti, in base al passo coranico «vi sono permesse le cose buone» (Cor. V, 4), gli animali le cui carni sono gradevoli al gusto (pollame, ovini, bovini, ecc.), mentre sono vietati gli animali la cui carne risulta disgustosa. In base ad una tradizione del Profeta che divide i quadrupedi in prede e predatori, sono leciti i primi e lo stesso criterio viene applicato agli uccelli a ai pesci. Questi ultimi sono leciti e possono essere mangiati anche se trovati morti sull’acqua, in base al passo coranico «V’è lecita la pesca e il cibo che il mare contiene» (Cor. V, 96). Sono, tuttavia, considerati proibiti o riprovevoli i crostacei e i mitili. Tra gli animali domestici sono generalmente considerati leciti gli equini e proibiti gli asini. Tutti gli animali leciti devono essere alimentati con mangimi puri: qualora si cibino occasionalmente di sterco, prima di consumarne la carne o i prodotti, devono essere sottoposti ad un periodo di quarantena. Un altro peculiare divieto è quello relativo alla degustazione del «sangue versato» (Cor. VI, 145). La prescrizione ha un valore simbolico: il sangue, identificato con la vita stessa dell’animale, non deve essere mangiato per mettere in evidenza l’assoluto dominio di Dio su ogni essere vivente. Un’eccezione è fatta per il fegato e la milza, ritenuti coaguli di sangue, in quanto considerati leciti dal Profeta stesso. I cibi che per se stessi sarebbero puri, possono essere contaminati dal contatto con un animale o una sostanza impura. L’impurità del sangue mestruale (Cor. II, 222) porta alla conclusione che non solo è impura la carne della femmina di animale mestruata, ma che anche la donna mestruata può contaminare le vivande che prepara. Per quanto riguarda le bevande, sono proibite tutte quelle che hanno potere inebriante, in primo luogo il vino. Ciò non era inizialmente nelle intenzioni del profeta , ma le intemperanze commesse da alcuni suoi seguaci lo indussero a cambiare idea: «O voi che credete! In verità il vino, il maysir, le pietre idolatriche, le frecce divinatorie sono sozzure, opere di Satana?» . Una interdizione così netta ha spinto la giurisprudenza ad elaborare una serie di norme collaterali che proibiscono per analogia l’uso di droghe e sostanze stupefacenti, nonché la compravendita di alcolici. Il divieto di consumare alcolici è valido anche nei casi di necessità, a differenza di quanto il Corano stabilisce per tutti gli altri cibi haram: «Quanto poi chi vi è costretto per fame e senza volontaria inclinazione al peccato, ebbene Dio è misericordioso e pietoso» .
Tratto da un intervento del Prof. Lorenzo ascanio
Religione ebraica (tratto da un itervento di Yosef Hadad)
È degno di nota il fatto che uno dei primi precetti impartiti agli esseri umani concernesse il cibo, con la proibizione ad Adamo ed Eva di mangiare i frutti dell’Albero della Vita. Da allora, gli ebrei hanno sempre posto grande enfasi sull’autocontrollo alimentare.
Le leggi dell’alimentazione ebraica affondano le radici nella Bibbia e vengono osservate dagli ebrei da più di tremila anni. I principi fondamentali della kashrùt sono illustrati nel Pentateuco e sono definiti statuti, ossia leggi di cui non ci viene data alcuna motivazione comprensibile dall’intelletto. Tuttavia, i rabbini hanno sempre sottolineato il loro ruolo essenziale nella preservazione della vita dell’ebreo.
Osservando la kashrùt, i bambini imparano fin dalla più tenera età il concetto di disciplina, distinguendo tra ciò che è permesso e ciò che non lo è. Ma al di là di tale esercizio di autocontrollo, i rabbini del Talmud forniscono un’idea più mistica: mangiando cibo non kosher, si riducono le proprie facoltà spirituali, “interferendo la comunicazione con la propria anima”.
Il pensiero chassidico si spinge oltre, spiegando che tutto ciò che mangiamo diventa parte integrante del nostro sangue. E poiché, come dice la Bibbia stessa “il sangue è l’anima”, mangiando cibi vietati, cose che Dio ha creato come impure, diventano parte della nostra anima rendendo quindi impuri noi stessi.
Così come una dieta salutare è buona per il corpo, la kashrùt lo è quindi per l’anima. Nella casa ebraica, il tavolo è un altare, la cucina un tabernacolo...
Si tenga presente che quanto segue non è che l’illustrazione dei fondamenti della ben complessa legislazione che determina l’alimentazione ebraica. Un quadro completo dell’argomento si può ottenere solo consultando un rabbino o un esperto nel campo.Il cibo kosher (o kashèr) si classifica in tre diverse categorie in base alla loro origine:
Cibi a base di carne
Cibi a base di latte
Cibi parve.
Parve: i cibi che non contengono ingredienti né di carne né di latte sono definiti parve, termine che indica il loro stato “neutrale”. Frutta e verdura allo stato naturale sono kosher e parve. Il pesce che ha pinne e squame è kosher e parve. Il cibo parve può diventare di latte se cucinato con latte o derivati, e di carne se invece cucinato con derivati di carne.
Carne
Le leggi fondamentali che definiscono quali animali, uccelli e pesci sono kosher, sono illustrate in Levitico, cap. XI.
Due sono le caratteristiche che rendono kosher un animale: Per quanto concerne la carne bovina, gli animali devono avere lo zoccolo fesso ed essere ruminanti. Esempio di animali kosher: mucca, capra, pecora ecc. Fra gli animali invece non kosher vi sono, ad esempio, il maiale, il cammello, il cavallo, il coniglio...
La carne di cervo non è più a portata della tavola kosher poiché, in base a normative agricole, tale animale deve essere ucciso a colpo di pistola in campi aperti, e non condotto in un mattatoio. Nel XIX secolo, i macellai kosher usavano recarsi alla tenuta della famiglia Rothschild una volta all’anno per preservare in Inghilterra la tradizione di sgozzare il cervo.
Tutti gli animali e i volatili carnivori, il sangue di animali e di volatili e qualunque sostanza da essi derivata non sono kosher.
I rettili, e la maggior parte degli insetti non sono kosher.
Volatili
Alcuni volatili come il pollo, il tacchino e alcuni palmipedi sono kosher. La Torà elenca soltanto gli uccelli vietati, quali lo struzzo, il gufo e l’avvoltoio. Tuttavia, oggi è difficile stabilire con assoluta certezza l’identità esatta di tutte le specie. Per tradizione però, mangiamo pollame (pollo, oca, anatra, tacchino...) e anche piccione, fagiano e pernice. Una tradizione ebraica tedesca permetterebbe anche il passero.
Latte
Latte e latticini (formaggi, crema, burro ecc...) di qualunque animale kosher sono a loro volta kosher e “di latte”. Essi non possono essere consumati assieme a carne o pollame.
Poiché non è possibile distinguere latte kosher (ossia di un animale kosher) da quello non kosher, i rabbini hanno decretato che esso debba essere controllato dalla mungitura fino al confezionamento, per garantire che proviene da un animale kosher. In molti paesi del mondo in cui l’origine del latte in commercio è garantita dalla legge, alcune autorità rabbiniche avevano a loro tempo sostenuto che il latte è garantito come kosher e per questo non deve essere controllato (dopo la II guerra mondiale, data la difficoltà negli USA di reperire del latte controllato, una autorità rabbinica aveva permesso ai consumatori Kosher aventi primaria necessità, come i bambini ecc., l’utilizzo di latte non controllato affidandosi ai severi controlli e sanzioni governative a chi mescolava latte proveniente da altri animali). Il latte kosher controllato, detto Chalav Israel, è oggi molto diffuso sul mercato dei centri di vita ebraica del mondo e quindi facile da reperire.
Formaggio
Per il formaggio la questione si fa un po’ più complessa, in quanto sotto qualunque forma deve essere controllato da un rabbino. Questo perché il caglio è di origine animale, provenendo in genere dallo stomaco di vitello. I saggi del Talmud hanno perciò decretato che tutti i formaggi debbano provenire da una fonte controllata, anche qualora il caglio dovesse essere vegetale, chimico o microbico. Un altro vincolo che autorizza il formaggio è la produzione della cagliata, che deve avvenire per mano di un ebreo sensibile alle leggi della Kashrùt, così come per tutti gli alimenti che necessitano cottura.
Una posizione centrale nell’ambito della kashrùt è occupata dalla separazione fra carne e latte. I divieti che la riguardano sono molto severi, forse più di ogni altra norma di kashrùt.
Ad esempio, non si può mangiare carne di coccodrillo perché non è kosher, ma si possono indossare scarpe di pelle di tale animale. Ma dalla mescolanza fra carne e latte non è consentito trarre alcun beneficio. Così, se è occasionalmente cuoco in un ristorante non kosher (purché ovviamente non ne assaggi il cibo), l’ebreo può preparare gli hamburger, ma non i cheeseburger.
Per poter consumare latticini dopo aver mangiato carne o derivati è richiesta un’attesa di sei ore. Questo stesso arco di tempo è necessario anche tra la consumazione di formaggi “duri” e carne. Si noti che benché il pesce sia parve, esso non deve essere consumato assieme alla carne.
Chi convive con animali domestici deve verificare addirittura il cibo che acquista per loro uso, per assicurarsi che non vi sia mescolanza tra carne e latte fra i loro ingredienti.
La separazione fra carne e latte si applica non solo al cibo stesso, ma anche a tutti gli utensili impiegati per la sua conservazione, preparazione e consumazione. Tale rigore nella separazione comporta il possesso e l’uso di set separati di posate, piatti, utensili e lavandini. Anche la lavastoviglie può essere impiegata o per la carne o per il latte, ma non per entrambi.
Il cibo che non è né di carne né di latte è definito parve, neutro, e utensili parve come bicchieri o ciotole per l’insalata possono accompagnare sia i pasti di latte che quelli di carne. Il vetro non assorbente normale può essere considerato parve per molti pareri. Bisogna stare invece attenti al pyrex o a qualunque altro utensile di vetro resistente al calore del forno, che possono essere usati solo o per la carne o per il latte.
La separazione non si limita alla cucina e alla tavola: siamo infatti tenuti ad astenerci dalla consumazione di latticini dopo la carne finché non sia trascorso un certo numero di ore. Lo Shulchàn Arùch, il Codice di Legge Ebraica, riporta due tradizioni: una, decisamente poco diffusa oggi, richiede un’attesa di un’ora soltanto (e gli ebrei olandesi vi si attengono ancora); l’altra, più universalmente accettata, ne richiede invece sei. Viceversa lo stesso intervallo si applica dopo aver mangiato formaggi detti duri, cioè stagionati, come ad es. il grana o il parmigiano, poiché richiedono un processo digestivo simile a quello della carne.
Infine, per evitare spiacevoli confusioni, il pane deve sempre essere parve, e quindi non può contenere burro o latte.
Pesce
Gli ebrei hanno sempre avuto un debole per il pesce. I loro antenati si lamentarono per la sua carenza nel deserto, ricordandosi del pesce mangiato in Egitto!
Mentre vi sono poche varietà di carne e pollame kosher, ciò non vale per quelle di pesce, che sono numerosissime. Come la televisione, in passato gli scaffali del pescivendolo erano in bianco e nero. Oggi, grazie alla gran varietà di speci esotiche d’importazione, viene offerto al consumatore un vero arcobaleno di scelte.
Per essere kosher, il pesce deve avere pinne e squame facili da rimuovere. Ad esempio, quelle dello storione sono difficilissime da togliere, fatto che lo rende non kosher, come lo sono automaticamente le sue preziose uova, ossia il caviale.
Esempi di pesci Kosher possono essere il salmone, la trota, la cernia, il nasello, la sogliola ecc.
Es. di pesci non kosher: l’anguilla, il pesce spada, il pesce gatto, lo squalo...
Tutti i crostacei, i frutti di mare ed i mammiferi acquatici non sono kosher.
Il pesce, sia fresco che surgelato, dovrebbe essere acquistato con la pelle, in modo da verificarne le squame per riconoscerlo con certezza.
Carne e pesce
Un’altra norma vieta di consumare pesce e carne assieme, ma per un motivo diverso dal latte. È semplicemente perché i nostri saggi, paladini di una vita salubre, considerano tale miscuglio nocivo alla salute. Così ci si asterrà dall’accompagnare un buon piatto di carne con salsa di acciughe...
D’altro canto, non vi è alcun problema nel mangiare carne immediatamente dopo il pesce, o viceversa.
Si usa però “pulire” prima il palato con del pane o bevendo qualcosa. Questo può spiegare perché molti bevono un goccetto dopo il pesce del Sabato prima di passare alla portata successiva...
la Shekhità - Macellazione
La carne e il pollame kosher deve essere preparata in base al metodo della shekhità, ossia un taglio rapido alla gola dell’animale con un coltello affilatissimo privo di qualsiasi imperfezione sulla lama. Si tratta di un metodo indolore, nel rispetto della sofferenza dell’animale.
Dopo la shekhità, l’animale deve essere sottoposto ad un accurato controllo, detto bedikà, per verificare che non abbia difetti che lo renderebbero non kosher in base alla legge ebraica. I polmoni di bovini e ovini e gli intestini del pollame vengono sempre controllati.
È qui che entra in gioco l’espressione glatt kosher. Nel caso del bestiame, se il polmone è privo di fori o mucose cicatrici, viene definito “glatt”, liscio. Se invece ve ne sono, l’animale può comunque essere kosher anche se non glatt, purché quando vengono rimosse, tali mucose cicatrici non lascino buchi nei polmoni.
Religione buddista
Se si studiano attentamente gli insegnamenti del Buddha risulta chiaro che egli non chiese mai ai suoi seguaci di astenersi dalla carne. In dissenso su questo e su altri punti, Devadatta, cugino del Buddha, provocò uno scisma nella comunità. Una delle regole che Devadatta voleva aggiungere era proprio che i monaci non dovessero mangiare carne. Il rifiuto del Buddha chiarì che, in accordo coi suoi insegnamenti, mangiare carne già macellata, proveniente da un animale che non sia stato macellato appositamente per la persona che lo mangia, non può costituire un cattivo karma.
Per comprendere meglio la questione, bisogna considerare che la regola è stata stilata per i monaci, che la carne non la comprano, ma la ricevono in elemosina. In pratica, ricevono cibo già cucinato. I fedeli laici che donano cibo ai monaci compiono in questo modo un'azione meritoria. Il monaco, perciò, non può ostacolare la pratica della generosità rifiutando il cibo che gli viene offerto, proprio come non deve manifestare gradimento né disgusto per ciò che gli viene donato con buon cuore. Accettando carne nella ciotola, deve solo accertarsi che l'animale non sia stato macellato appositamente per lui, nel qual caso deve rifiutare l'offerta di carne. Ma una volta tornato al monastero dopo la questua, il monaco può evitare di mangiare la carne se preferisce; ma come scelta personale, senza la pretesa di farne una regola generale.
Com'è ovvio, in una società buddista ideale, in cui la gente comune ottemperasse ai precetti di non uccidere e di non guadagnarsi da vivere con mezzi che incrementino la sofferenza di altri esseri, non si potrebbe trovare carne in vendita da nessuna parte. Perciò il vegetarismo sarebbe obbligatorio anche senza essere espressamente prescritto.
Anche se non prescritta, comunque, l'astensione dalla carne è considerata nel buddismo una cosa positiva se chi la pratica ha l'intenzione di salvare la vita a un essere senziente. È chiaro che se una persona si astiene dal mangiar carne per tutta una vita, un certo numero di animali non verranno uccisi per lei. Così dall'astensione dal consumo di carne risulterebbe automaticamente una riduzione delle macellazioni.
Secondo l'insegnamento del Buddha, la mente viene prima di tutto. Così, ogni volta che ci si astiene dal mangiare un piatto di carne, si gode della felicità che ne deriva pensando, con compassione, alla vita che sarebbe stata sacrificata per dare carne da mangiare. Se si fa uso di questa opportunità per approfondire la pratica della compassione e dell'amorevolezza verso tutti gli esseri senzienti, allora si matura pienamente il frutto del dono della vita che si fa tramite l'astensione dalla carne.
Comunque, che gli altri capiscano oppure no, che siano d'accordo o meno, non deve fare per te alcuna differenza. Continua ad assaporare la gioia che deriva dalla compassione che provi astenendoti dalla carne. Allora otterrai il pieno beneficio del tuo dono generoso, che è il dono della vita.
I mormoniLe religioni protestanti, così come quella Cattolica, non prevedono severe regole alimentari. Solo i Mormoni seguono alcune prescrizioni dietetiche. Infatti digiunano una volta al mese e mangiano carne con moderazione. Non fumano e non bevono alcol, caffè o tè.
I Cattolici
Per quanto riguarda i Cattolici, la Chiesa li invita ad astenersi dalla carne e a digiunare solo nei giorni del Mercoledì delle Ceneri e del Venerdì Santo.
Gli induisti e l'alimentazioneGli induisti sono vegetariani, non mangiano né carne né pesce, né uova ma solo vegetali e latte; non uccidono le mucche perché per loro sono sacre.Tuttavia il loro menù è ricco di numerosi piatti, frutto di antiche e moderne esperienze. E' loro proibita qualunque sostanza che intossica, e quindi non fumano, non bevono alcoolici né caffè o thè, non fanno uso di droghe.
E’ sorprendente. Tutto ciò che avete letto non è frutto della fantasia dell’autrice di Harry Potter ma sono leggi che da migliaia di anni si tramandano di generazione in generazione, e ciò che rende la cosa ancor più singolare è che chi non le rispetta viene emarginato dal gruppo.
Mi ha colpito anche il paradosso del cattolicesimo. Infatti se notate, la religione cattolica è quella che meno influenza i propri adepti sulle scelte alimentari. I cattolici però sono i maggiori consumatori di ogni tipo di carne e hanno i peggiori metodi di allevamento e di uccisione degli animali. Credo che la scelta vegetariana maturata con il sentimento e con la ragione, di chi vive un problema, e ad esso da delle risposte concrete, sia il modo migliore di rispondere concretamente a chi invece segue la propria scelta alimentare acriticamente e senza alcuna logica nutrizionale. Quello che noi vegetariani dobbiamo fare con vigore e con passione, è l’evangelismo del vegetarismo, che non significa certo portare il verbo di Dio e farlo accettare per quello che è senza alcuna spiegazione logica. Al contrario noi dobbiamo motivare la nostra scelta e discuterne anche animatamente con chi ci deride e ci snobba. La nostra è una battaglia di nonviolenza e di amore, è la scelta più laica che esista. Non bisogna avere paura di difendere la sofferenza degli altri.
Riccardo Trespidi